il treno della vergogna – 18 febbraio 1947 – tornatevene a casa vostra gridavano i comunisti di Togliatti a Bologna…

“Tornatevene a casa vostra”, gridavano i comunisti di Togliatti a Bologna, quando giunse da Ancona il treno pieno di profughi italiani provenienti dall’Istria. Vogliamo ricordare le vergogne di questo Stato massonico che l’8 settembre del 1943, con la firma del criminale di nome Pietro Badoglio, cedette la nostra sovranità all’imperialismo anglo-statunitense. Sovranità perduta e confermata da un altro traditore di nome Alcide De Gasperi che con la sua firma sul trattato di pace del 10 febbraio del 1947 ridusse l’Italia ancora di più a brandelli. Dopo il benessere del ventennio mussoliniano, in cui l’Italia era stata una grande potenza mondiale, iniziavano di nuovo per gli Italiani fame e disperazione. La menzogna sempre amplificata e la verità sempre nascosta. Pochissimi italiani dopo più di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale conoscono la vicenda del treno della vergogna.
Dopo la pulizia etnica operata dai comunisti titini sugli italiani d’Istria e Friuli Venezia Giulia (più di ventimila persone uccise ed infoibate), all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale il regime di Belgrado attuò la seconda fase della pulizia etnica nei territori dell’Istria: è quello che viene chiamato “Esodo istriano”, 300.000 persone cacciate dalle loro case e dalle loro terre.
Molti di questi italiani erano in Istria da secoli, dal momento che fin dal XIV secolo faceva parte dei domini della Serenissima Repubblica di Venezia. Il 10 febbraio 1947 venne firmato il trattato di Parigi che prevedeva la definitiva assegnazione di gran parte dell’Istria alla Jugoslavia e per chi volesse mantenere la cittadinanza italiana l’abbandono della propria terra. Il popolo dalmata-istriano di cultura e di lingua italiana non esiste più, grazie a questo stato massonico che ci opprime, schiavizza e cannibalizza dal 1861.
La domenica del 16 febbraio 1947 da Pola partirono per mare diversi convogli di esuli italiani con i loro ultimi beni e, solitamente, un tricolore. I convogli erano diretti ad Ancona dove gli esuli vennero accolti dall’esercito a proteggerli da connazionali, militanti di sinistra, che non mostrarono alcun gesto di solidarietà. Il PCI diffondeva la notizia che gli esuli erano in realtà fascisti e collaborazionisti espulsi dal “paradiso dei lavoratori socialisti”. Era una menzogna e chi la diffondeva ne era cosciente, ma negli anni della Guerra Fredda prevaleva la solidarietà di partito.
Il giornalista de l’Unità Tommaso Giglio, poi direttore de L’Espresso, scrisse un articolo il cui titolo recitava “Chissà dove finirà il treno dei fascisti?”
La sera successiva partirono stipati in un treno merci, sistemati tra la paglia all’interno dei vagoni, alla volta di Bologna dove la Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana avevano preparato dei pasti caldi, soprattutto per bambini e anziani. Il treno giunse alla stazione di Bologna solo a mezzogiorno del giorno seguente, martedì 18 febbraio 1947. Qui, dai microfoni di certi ferrovieri sindacalisti fu diramato l’avviso Se i profughi si fermano, lo sciopero bloccherà la stazione. Il treno venne preso a sassate da dei giovani che sventolavano la bandiera con falce e martello, altri lanciarono pomodori e altro sui loro connazionali, mentre terzi buttarono addirittura il latte destinato ai bambini in grave stato di disidratazione sulle rotaie.

video: il treno della vergogna

https://archive.org/details/il-treno-della-vergogna

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